Nomi impropri

Nella mia famiglia più che nomi propri abbiamo nomi impropri. Nomi semplici com’era d’uso a quei tempi, ma nessuno di noi fratelli ha il nome che avrebbe dovuto avere.
Tutto inizia con Giuseppe che prende Maria come sposa. Giuseppe e Maria sono i miei genitori e – secondo tradizione – il loro primo figlio sarebbe nato a Natale se fosse stato un anno bisestile, ma siccome non lo era nacque il 26 dicembre, giorno di Santo Stefano e Stefano si sarebbe dovuto chiamare. Ma non fu così: in memoria di un fratello di mio padre deceduto quell’anno fu chiamato Antonio. Due anni dopo ebbero una figlia che tutti chiamavamo Marisa convinti che quello fosse il suo nome, ma dai documenti ufficiali risultò poi che il suo nome non era nemmeno Maria Luisa ma Maria Luigia. Altri due anni e nacque il terzo figlio. Il padre di mia madre si chiamava Pietro (Piero, per tutti) e la madre Angela, per questo mia madre voleva chiamare il figlio Pierangelo. Per non so quale motivo a denunciare la nascita andò il fratello di mia madre il quale, non ricordandosi quale nome gli aveva detto sua sorella, guardò il calendario e visto che il bimbo era nato nel giorno di San Massimo lo fece chiamare Massimo. Passati alcuni anni, anni di guerra e lontananza, mia madre era nuovamente incinta. Lei aveva deciso che dopo un maschio, una femmina e un maschio doveva nascere una femmina. A quel tempo il sesso dei neonati lo si conosceva solo dopo il parto, a quel tempo non c’erano pannolini usa-e-getta ma anche a quel tempo i neonati facevano tanta pipì e popò come oggi e le brave mamme si preparavano un corredo di fasce (a quei tempi i bimbi venivano fasciati interamente, testa esclusa) e pannolini (panesèi) da usare, lavare, asciugare, stirare e riusare. E così fece mia madre: una grande quantità di quadrati di stoffa sui quali – per una mania tutta femminile o per passare il tempo dell’attesa – aveva ricamato la lettera “S”, perchè la figlia si sarebbe chiamata “Silvana” e non magari Maurilia per via della santa del giorno. Solo che quando nacque non era una figlia ma un figlio. Per non rifare tutti i ricami doveva comunque avere un nome che cominciava per “S”: fui io a suggerire il nome di un ragazzino che abitava nella casa accanto e quel figlio si chiamò Sergio. Due anni dopo nacque l’ultimo figlio (a quei tempi i figli abbondavano). Nacque in casa, di mattino presto. Quando mi svegliai per andare a scuola vidi mia madre ancora a letto e una signora (la levatrice) che teneva in braccio un bimbo. Mia madre stava bene, ma per qualche motivo il bimbo aveva avuto qualche difficoltà e s’era rotto (o comunque danneggiato) un braccino che ora aveva fasciato. Visto il pericolo, la levatrice aveva provveduto a battezzare il bimbo col nome di Màrio, essendo figlio di Marìa. Ma ora stava bene e gli fu dato il nome che doveva essere del terzo figlio: Pierangelo. Non so se fu ribattezzato con quel nome, ma così lo chiamavamo e così pensavo fosse registrato in Comune: dopo una sessantina d’anni vengo a sapere che sui documenti ufficiali il suo nome è Pier Angelo.
Riepilogando, a parte i genitori con i loro nomi Giuseppe (Bepi) e Maria, c’è:
Antonio (Toni), che doveva chiamarsi Stefano
Marisa, che si chiama Maria Luigia
Massimo, che doveva chiamarsi Pierangelo
Sergio, che doveva chiamarsi Silvana
Pierangelo, con nome di battesimo Mario e anagrafico Pier Angelo.
Ma va bene lo stesso.

Anche sul giorno di nascita c’è qualcosa da dire.
Quello di Antonio è facile da ricordare, per gli altri basta la formula g=nm, in cui:
g=giorno di nascita;
n=ordine inverso di nascita, cioè 1=Pierangelo, 2=Sergio, 3=Massimo, 4=Marisa;
m=mese di nascita, cioè 1=gen, 2=feb, 3=mar, 4=apr,5=mag, 6=giu, 7=set, 8=ott, 9=nov, 10=dic.
Non mi pare complicato: basta ricordarsi il mese e fare una moltiplicazione.

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