Mezzi civici

Sarà perché sono all’antica ma a me sentire parlare di “mezzi” o di “civici” senza altra specificazione sembra qualcosa di incompleto se non proprio di incomprensibile.
Pare che tutti gli italiani, me escluso, sentendo “mezzi” capiscano subito che si parla di mezzi del servizio pubblico di trasporto. Io invece aspetto che si precisi di quali mezzi si parla.
Escludo quasi subito che siano mezziautobus-6
termini o mezzi litri o mezzi marinai, escludo pure che siano mezzi di comunicazione (direbbero “media” o “midia”) o di mezzi di sussistenza  e penso che verosimilmente siano mezzi di trasporto, confortato dal dizionario che dice esse
re questi i “mezzi” per antonomasia. Ma anche limitandomi ai “mezzi di trasporto”, se non ho ben seguito tutto il discorso e non so come la  pensi chi parla, resto in attesa di sapere se sono mezzi terrestri o mezzi navali o mezzi aerei o mezzi anfibi, mezzi di soccorso o mezzi d’assalto, mezzi corazzati o mezzi articolati, mezzi pubblici o privati o entrambi, mezzi civili o militari, a due o quattro ruote o genericamente un mezzo di trasporto qualsiasi disponibile. Dicono che dovrei capire senza dubbi che si tratta dei mezzi pubblici di trasporto quali tram (tramvai), bus (filobus, autobus), metro (metropolitana); di quei mezzi a disposizione di tutti per l’uso dei quali molti – non tutti – pagano un biglietto, un ticket, una tassa insomma, un contributo per le spese sostenute dalla comunità per fornire il servizio. Io, invece, se mi dicono “mezzi” fatico a capire “mezzi pubblici” come faticherei a capire “alle ore 12” se mi dicessero “alle ore” e basta. Chissà poi se dicendo “mezzo doppio” si deve capire “autobus a due piani o con rimorchio” e non invece “un intero”, due volte mezzo.
Parimenti, se mi chiedono il “civico” non afferro subito che si tratta del “numero civico” e la richiesta mi sembra incompleta, monca di qualcosa che precisi di quale “civico” si parla: potrebbe essere il “museo civico”, il “teatro civico”, il “senso civico”, il “dovere civico”, il messo comunale (“messo civico”), il macello, il mercato, l’acquario e tante altre cose comunali. Magari dal contesto si può anche capire che è il numero civico, ma, se proprio non si sta per spirare o non si è senza fiato per una lunga salita, non dovrebbe essere molto gravoso specificare ed essere sicuramente compresi.
Vedo indicazioni con scritto “ai civ.”: siccome poi seguono delle cifre è ovvio che si tratta di numeri, ma se fosse scritto “ai n.” sarebbe altrettanto chiaro che sono numeri identificativi, come quelli civici; se scrivo “Via Nonsoquale, 18” tutti capiscono che 18 è un numero civico senza nessuna necessità di scrivere “numero civico 18” o una sua abbreviazione.
Un “numero” mi fa di solito pensare a qualcosa di ordinato e progressivo, solo eccezionalmente a astrazioni matematiche o  ai “numeri del lotto”; “civico” mi fa invece pensare ad un’infinità di attinenze municipali e penso che sia più importante il sostantivo dell’aggettivo. Se però si sostiene che basta dire “civico” perchè dal contesto si capisce “numero”, per coerenza  si dovrebbe dire “pubblici” perchè dal contesto si capisce “mezzi” (di trasporto).
In ogni caso non è risparmiando una parola che si è meno pedanti o meno prolissi, che si economizza il discoso:  ben altre, molte altre, sono le parole inutili, volgari e indecenti che potrebbero essere non dette.

Questa voce è stata pubblicata in Lingua. Contrassegna il permalink.

Una risposta a Mezzi civici

Lascia un commento